venerdì 14 marzo 2008

La partita di calcio

Entro e le voci dei bambini che pronunciano il mio nome si mischiano tra loro, come se non mi vedessero da molto tempo, forse Mari deve aver detto loro che sono stata male.
Sono felice di vederli e propongo loro di trovarci alle 15.00 per giocare nel campetto, pur sapendo di dover stare fino alla sera a dipingere le lavagne!
Passa un’ora e dovrebbero essere tutti qui, invece si presenta solo Andres.
Decidiamo di andare a cercare Yefferson e lo troviamo con altri ragazzini all’internet point, mi domando con che soldi.
Lo rimprovero, non avendo confidenza con gli altri e lui mi dice che non vuole giocare a pallavolo, ma a calcio, così andiamo al campo di cemento: io e una decina di ragazzini.
Mi metto in un angolo a fare le foto finche uno, incuriosito dalla mia presenza, mi chiede di giocare con loro. In un attimo le due squadre si contendono la mia persona e vengo acquistata da quella di Andres e Yefferson.
Dopo la partita avviso che me ne sarei andata a breve. In pochi istanti si siedono sul cemento ed iniziano a farmi domande, a chiedere delle case la, di cosa si mangia, di quante lingue so, di quanto costa questo e quello e di come mi sono inventata la “cara mas fea”, la smorfia che faccio.
Sono felice di dare risposte e farmene dare, alla fine inizia a piovere ed io mi stupisco: la prima pioggerellina che cade su di me a Nana.

Li saluto e scendo verso la casa delle suore, li mi metto a dipingere le due assi di legno che ci serviranno da lavagne. Le mie unghie si impregnano di vernice nera e l’acqua ragia non basta per tirarmi via tutto lo sporco, me ne vado così: con le unghie nere e le mani che mi bruciano per l’acido, ma con il sorriso.

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