sabato 21 giugno 2008

Felicità

Alle sette ancora nessuna mamma, io inizio a disperarmi.
Arrivano le due professoresse: Angelica e Carina, senza le quali sarei morta.
Si presenta anche la signorina Nilda, la responsabile della biblioteca, Gustavo e la madre di Heber.
I bambini provano le loro parti, i professori di musica le canzoni da suonare, finalmente anche l’Hermana Juanita si fa avanti.
Prende in mano la situazione ed io ho paura, perché di solito fa tanti casini, ma questa volta mi lascia a bocca aperta, letteralmente senza parole.
Scrive su un foglio i turni degli sketch da fare e si prepara un mini discorso, poi viene da me e “Gaia, tu devi introdurre la serata, tu devi presentare il tutto”.
Ecco questo non lo volevo proprio.
Vorrei che fosse un loro lavoro, vorrei essere tra il pubblico, non ho meriti in questo ed è ingiusto che me li prenda.
I professori di teatro e musica hanno lavorato indipendentemente e con amore. A loro la parola! Ma nulla da fare, insiste.
Apro la porta e vedo una ventina di mamme che aspettano in silenzio di entrare, con tutta l’ansia per la preparazione mi ero dimenticata di aprire la porta!!!
Bene, i bimbi sono pronti, Juana mi da la parola.
Arrossisco, ma me la cavo.
Credo di esser loro particolarmente simpatica, perché mi guardano e mi ascoltano con attenzione e ridono rumorosamente alle mie battute occidentali.
Mi batte forte il cuore.
“Grazie di essere qui. Ci siamo riuniti perché sono già passati tre mesi da quando abbiamo iniziato questo progetto e ci è parso interessante, proporvi quello che abbiamo imparato fin qui. Quindi siate magnanimi e molto calorosi negli applausi perché i vostri figli sono agitatissimi, ma molto felici di mettersi alla prova davanti alle loro mamme preferite!”, scoppiano a ridere.
Di papà, solo uno.

Si avvicendano scenette di teatro a brani musicali, infine i professori di musica suonano un pezzo della sierra, delle Ande e io guardo le madri, con il sorriso dipinto sulle loro facce stanche ed invecchiate prima del tempo.

Tutta la mia permanenza qui è un osservare costante e silenzioso. Un guardare la tristezza di essere sole che si commuove in stupore davanti all’impegno dei loro bambini. Non mi stanco di fotografare le loro espressioni divertite e piene di amore verso i loro figli e di riconoscenza nei miei confronti.
Mi imbarazzo moltissimo quando Jeferson si mette in mezzo al “palco” e richiama su di sé l’attenzione: “un uccellino mi ha appena detto che dobbiamo ringraziare Dio per la Gaia che ci vuole tanto bene!”.
Se ora mi commuovo, cosa farò ad agosto?
Prendo di nuovo la parola e presento la unica coreografia che abbiamo fatto finora per Grease, lo spettacolo che faremo ad Agosto. Ballo con i bambini che mi osservano attentamente per ricordarsi i vari passi.
Le madri ridono e applaudono entusiaste.

Lo spettacolo finisce e la fotografa, chiamata dalle stesse madri per l’occasione, mi avvisa che ora devo fare le foto con le famiglie.
Credo di aver sempre odiato questi momenti, mi sembra di essere alla cresima, dove dopo la cerimonia devi stare in piedi 20 minuti perché devi fare le foto con ogni membro della famiglia, singolarmente! Oggi la cosa non mi è dispiaciuta.
Le madri se ne vanno ringraziando per la serata fantastica, guardo le ore: le nove e quaranta! Io avevo previsto di finire un’ora prima!
La madre di Jordan e di Erikson si fermano e mi aiutano a mettere tutto apposto, anche Angelica, Carina, Juan, Nilda e Juana.
Come avrei fatto senza di loro?
Mi addormento felice.

Primo Saggio del Progetto

La festa delle famiglie.
Abbiamo detto quasi un mese afa che oggi avremmo fatto la festa delle famiglie e mi ritrovo a dover avvisare di persona la maggior parte delle madri.
Ho il fiatone, sono stressata, i bambini vengono e non vengono, la loro partecipazione è, come tutto qui in Perù, un “imprevisto”.
Arrivo al comedor alle 4, compro da Demetria, la mamma di Erikson, 4 lattine di latte, 2 tavolette di cioccolata da tazza, un kilo di zucchero. Nello zaino ho già una torcia, 3 litri d’acqua e 2 lenzuoli che serviranno da sipario per lo spettacolo.
È da due settimane che manca l’acqua in tutto il Vallecito, quindi non si può nemmeno andare in bagno al comedor.
Le bottiglie d’acqua servono per questo e per lavare i pavimenti.
Ovviamente non sono sufficienti, ma io faccio lo sforzo, poi la Provvidenza entrerà in gioco.
La collaborazione tra le famiglie qui è un optional, quasi tutti pensano “ma se lo faccio io, lo farà poi qualcun altro?”, e così rimangono immobili aspettando che qualcuno inizi.
Ma oggi è una giornata atipica, o forse stiamo raccogliendo i frutti di tanti mesi di dedizione gratuita.
Arrivano i bambini e senza che io dica nulla, prendono scope, palette per raccogliere lo sporco, e stracci per la polvere.
“Hermana Gaia, manca l’acqua!”, mi dice Patty.
“Che vadano a casa mia”, dice Carmen, l’infermiera.
E così inizia la catena di solidarietà.
La signora Mary offre bidoni d’acqua, e Patty, Jelsin, Erikson, Carmen, Joselin, Janira e Heber vanno a casa loro e tornano ognuno con un secchiello d’acqua.
Manca l’acqua, ma tutte le famiglie ne hanno comprata dal camion cisterna che passa quotidianamente.

Sono commossa e rimango a guardare sorridendo, tutte queste piccole creaturine che a fatica rovesciano l’acqua nel grande contenitore verde.

Arriva anche Juan, il professore di teatro, con tutta la famiglia. Si sta dando un gran da fare e i frutti si vedono: i bambini si sono affezionati tantissimo a lui e lo ascoltano con devozione.
Raduna le mie piccole pesti e io posso dedicarmi a lavare il pavimento del comedor.

Abbiamo tolto tutti i tavoli dalla mensa e lasciato solo le sedie creando una sorta di ambiente teatrale molto, molto semplice.

18 giugno 2008

A Milano Mirko e Lea festeggiano il loro compleanno; a Nana io riposo dopo una giornata piena e stupenda.
Era da tempo che non mi sentivo così tranquilla.
Ho scoperto che la sanità peruviana è più veloce di quella Italiana anche se non sono sicura della diagnosi che il gentil dottore mi ha rilasciato dopo la visita.
Dice si tratta di tendinite, ma consultandomi anche con Mauro, l’opzione sembra da escludere.
Dalla radiografia non si vedono fratture ed è questo che mi interessava sapere.

Il pomeriggio, dopo una tranquilla telefonata con Mauro, prendo il portatile e corro alla Era.
Ieri abbiamo iniziato con le coreografie di Grease.
I bimbi sembrano entusiasti, anche se a ballo siamo messi male.
Pochi di loro riesco a fare i passi a ritmo, ma sono sicura che presto miglioreranno.
Il problema è che, come sempre, mancano “uomini”, e ovviamente le donne non vorranno fare la parte maschile, mah … vedrò anche questo.
Dopo un’ora di prove ci mettiamo a guardare le foto che in questi sei mesi ho scattato. È bello vedere le loro facce sorridenti mentre si prendono in giro l’un l’altro.
Tutti vogliono vedere il loro volti proposti dalla potente macchina e scrutano ogni foto per cercare piccoli dettagli che conoscono.
Mi diverto.
Esco dal comedor e una madre si presenta, mi parla un po’ in quechua, vuole a tutti costi insegnarmi qualche frase per poter parlare a Cuzco. Niente da fare, l’unica che mi rimane in testa è Pajarencama, sempre si scriva così, che significa, a domani.
Ridiamo come matti e terminiamo la giornata così. Il sole va a dormire e io scendo verso la civiltà, verso Nana.

sabato 14 giugno 2008

venerdì 13 giugno 2008

Auguri Mirko




“Padre Luis! Andiamo!”, grido io.
“Un moment”, parlando mezzo spagnolo, italiano e portoghese.
Camminiamo fino al Fe Y Alegria, la scuola della maggior parte dei bambini che assistono al progetto.
Entriamo e mamme e bambini mi vengono a salutare, le mamme si risiedono ai loro posti, mentre i bimbi rimangono seduti per terra con me, giocando con la mia POVERA macchina fotografica.
È bellissimo averli tutti intorno, ormai sono come una seconda mamma, a volte come una mamma e stop.
Christian, per esempio, non ha li ne mamma ne papà, per questo non mi molla un solo secondo, con lui sua sorella Zayuri e qualcun altro.

Alla fine, Jeferson non ha ancora ballato ed io devo andare fino a Puerto, circa 20 minuti da li, a chiamare Mirko.
Stiamo per uscire ed eccolo che arriva, vestito da cholito, contadino, con Carmen, Josselin e Heber.
Non posso andare via, decidiamo con Luis di fermarci almeno per l’inizio della danza.
Scatto un po’ di foto, ma risultano pessime visto che la sera arriva prepotentemente e la luce artificiale è troppo poca.

Lascio il mio bimbo che balla e corro a Puerto.
Chiamo, mi risponde, ma non riesce a sentirmi, richiamo almeno dieci volte, ma Mirko non risponde più.
Me ne vado un po’ triste.
Gli avrebbe sicuramente fatto piacere un augurio gridato dall’altra parte del mondo.
Beh, dalla mia stanza spero gli arrivi.

E cosi sono due amici, Fede e Mirko, che hanno fatto gli anni, che ho provato a chiamare e che non hanno risposto. Sto telefonooo

Vaselina


Jeferson oggi ballerà per la festa del papà.
Ovviamente non poso mancare, anche se vorrei riuscire a chiamare Mirko per le mie cinque essendo da lui mezzanotte: il suo ventiseiesimo compleanno.
La mattina la passo a pulire la mia stanza, cambio le lenzuola, gli asciugamani, tratto la stanza come se fosse veramente casa mia, mi sento meglio, più dentro alla cosa.
Per fortuna questa volta non mi trovo di fronte ad enormi cucarache che, non si sa come, ma riescono a nascondersi in due metri quadrati di stanza semivuota.

Finite le pulizie passo alla fase due della giornata: mettere a posto il copione di Grease, qui Vaselina, per poter distribuire le copie ai bambini, sperando che in due mesi riescano ad impararsi la parte, le canzoni ed i balli.
La mente ritorna a qualche anno fa quando con Mirko e gli altri educatori preparavamo le commedie con i nostri ragazzini.
Era ovviamente tutto più facile: i ragazzini erano adolescenti e non bimbi di nove/ dieci anni, ed io non ero sola.
Devo essere sincera, il professore di teatro sembra essersi preso a cuore il progetto e segue i bambini con un amore mai visto.
Quindi non sono proprio sola, ma lui ha il suo lavoro, i suoi tre bambini e la moglie, per fortuna meno gelosa che all’inizio.
Inizio a rivedere il copione, togliere canzoni, aggiungere qualche battuta al DJ e togliere scene che con i bambini non riuscirebbero mai, tipo quella del pigiama party. Inoltre, essendo bambini, bisogna stare attenti e, visto che Sandy ha la meglio quando diventa un po’ più spinta, Kenicky se ne passa una dopo l’altra e Danny non è da meno, almeno la presunta gravidanza di Rizzo ho deciso di trasformarla.
Rizzo quindi è molto triste perché crede che Ken si stia vedendo con un’altra.
Altro dramma: le musiche.
Fede mi ha trovato due canzoni, ma me ne servono altre quattro e non riesco a scaricarle da nessuna parte.
Ovviamente in spagnolo.
Juan penserà al recitato, io mi occuperò delle coreografie e so già che impazzirò con quelle piccole canaglie che scapperanno di qui e di li senza ascoltare.
Ma sono sicura che, come tutti gli spettacoli fatti dai bimbi, il tutto verrà una meraviglia.
Grazie a Dio ci sono due settimane di vacanze di mezzo!
Ovviamente sarò al Cuzco per quel periodo!!!

martedì 10 giugno 2008

Cuore Tra Milano e Nana

Parlavo l’altro giorno con l’Ale, la ragazza di Fede, e mi ha fatto notare che le mie parole sul blog erano ultimamente velate da una tristezza profonda.
Beh, ho riletto e non posso darle torto.
Purtroppo la vita di Milano non la posso cancellare ed i problemi che ci sono, pur superficiali, influenzano seppur da lontano, la mia vita qui.
È sbagliato credere che io debba vivere qui tagliando i ponti con Milano, insomma, loro sono la mia vita anche se in questo momento la mia vita si è spostata oltre oceano.
Nessuno è perfetto e tantomeno chi è emotivo come me, quindi mi dispiace molto per chi non ha “sopportato” di leggere gli interventi italiani nella mia vita, ma è così, ed io posso farci ben poco.
Quello che vorrei che molti capissero è che anche se ci sono tante soddisfazioni datemi dal progetto e dai bambini, mi sento molte volte stressata per la responsabilità enorme della quale mi sono fatta carico.
L’affetto italiano che mi giunge giornalmente dagli amici e da mamma e papà, unito a quello che i bambini e le loro famiglie mi dimostrano, sono la mia forza.
L’unica cosa che posso assicurare alla mia famiglia e agli amici è che nonostante tutte le difficoltà sono serena ed il mio lavoro lo sto portando avanti bene e con entusiasmo.

Centro Montfort





Luciano è partito per il Brasile e io ho prenotato per il Cuzco.
Tanti viaggi che la gente di qui non si sogna nemmeno.
Oggi ho sentito Enrico, stanno facendo un progetto all’asilo un po’ più in giù rispetto al comedor: una mensa per i bimbi che ora come ora mangiano tra 4 mura pericolanti, in tavoli fatiscenti su seggioline rotte.
Credo che parte dei soldi ricavati per il progetto li userò per una piccola donazione per quest’altra opera di bene.
Non c’è differenza tra i bambini, non posso certo essere rigida su questa cosa.

Lo stress mi assale, che farò quando me ne ritornerò a Milano? A chi lascerò la responsabilità del progetto?
Non posso lasciare i soldi a una persona qualsiasi, perché in questi mesi ho ascoltato di tutto, persone tra le più fidate, scappate in America con un bel bottino.. ecco questo vorrei evitarlo.
E’ un argomento che devo affrontare al più presto con i professori, con Enrico e con me stessa … soprattutto.
Continuiamo o finiamo?
Da una parte mi piacerebbe che i professori chiedessero di meno, così sarebbe anche più fattibile in quanto a costi, dall’altra vorrei capire se è possibile continuare a chiedere i soldi ai miei conoscenti.
Fino a quanto può durare la carità umana?

Non sono andata da loro oggi, mi sono limitata ad organizzare il mio tour per il sud del Perù. Ah, si! Vado in vacanza anche io.
Dovrei fare una decina di giorni tra Cuzco, Puno, Arequipa e Ica.
Quest’ultima città è stata teatro del terremoto del 15 di Agosto, sarà interessante vedere come le autorità e le varie associazioni si sono date da fare per soccorrere le migliaia di persone rimaste senza casa.
Mi ospiterà un’amica di Charo, Amadi, una signora sulla quarantina, vecchia amica di Padre Luciano, che ha condiviso parecchio della vita dei Monfortani.

Intanto a casa aspettiamo tutti l’arrivo di 30 padri Monfortani, di Mauro e di sei ragazzi di Bergamo che per luglio condivideranno le nostre sorti.
Al Centro Montfort si respira un’aria pacifica. Hermano Abilio ci fa morire dalle risate ogni volta che apre bocca e Padre Luis e Padre Luciano non sono da meno.Io sono sempre l’unica fanciulla della casa e vengo viziata, anche se spesso mi toccano i doveri di donna, ma non posso lamentarmi perché la collaborazione è la caratteristica che colora di più la nostra casa.

Musica Maestro!



A La Era.
Decido di rimanere a mangiare con loro. Il pensiero che sia già passato più di metà del tempo che ho a disposizione qui in Perù mi “obbliga” a dedicar loro più del previsto.
Ovviamente tutti gridano perché io mi sieda con loro. Mi siedo a tavolo di Grecia, una ragazzina di 10 anni che non frequenta tantissimo il doposcuola, ma partecipa con entusiasmo ali corsi di musica e teatro.
Mentre beve faccio gli occhi storti e lei scoppia a ridere, Mary cruz ci richiama all’ordine ed io obbedisco.
Tra poco le mamme arriveranno e le due Sorelle Juana e Daniza, terranno una riunione sull’aggressività e la violenza familiare.
Arrivano intanto i due professori di musica che iniziano ad accordare le chitarre.
Alle sette inizia la riunione e di mamme ce ne sono 18, un numero soddisfacente. Chiedo loro se posso fare mentre assistono alla riunione, per poter documentare il tutto e loro iniziano a toccarsi i capelli, a farmi notare che non si sono truccate, ne vestite bene.
È stato divertente notare come persone che non si curano mai di come sono, vengono sporche e malvestite, davanti alla macchina fotografica ci tengano ad apparire diverse.
Inizio a sentire le zampogne e le chitarre che suonano la famosa Lambada, salgo in biblioteca e vedo i miei piccoli bimbi concentratissimi.
Jefferson si ferma, mi guarda e sorride.
Io ricambio con un sorriso materno e mi soffermo ad ammirare il resto del gruppo.
Quasi non ci credo. Stanno veramente suonando!!!
In meno di tre mesi, con solo una lezione a settimana…
I miei piccoli geni!
Mi metto seduta per terra, li osservo e rido, canto con loro. Che bello.

venerdì 6 giugno 2008

Hitler


Sabato scorso sono stata molto male e mi sono fatta portare da Luciano all’ospedale di Goretta, la suorina piccolina, ma forte come un gigante.
Dall’anno scorso è cambiato un sacco.
È tutto nuovo, grazie ai soldi del fondo Italo-peruviano.
Di fianco all’ospedale c’è casa sua, dove vive con una decina di bambine orfane o con una situazione difficile in casa.
Ho visto Padre Luciano tra loro ed ho capito quanto gli manca stare con la gente ora che è il capo della Delegazione latinoamericana.

Mentre giocava con le bambine ho deciso di farmi vedere dal chiropratico.
Mi hanno fatto sdraiare su un lettino, senza cambiare il telo che dovrebbero essere usa e getta.
In due minuti mi ha ribaltato, scrocchiato gambe e colonna vertebrale. Mi ha anche detto che sono molto snodabile e che si meravigliava di questo. Mi sono chiesta chi a 25 anni non lo sia.
Quando sono uscita dalla stanza Luciano mi ha chiesto se ero ancora viva visto che lui è entrato male ed è uscito peggio e da quella volta non ha più messo piede nell’ufficio di Hitler, il chiropratico.

lunedì 2 giugno 2008

Permesso di soggiorno: Gaia

Mi ritrovo a dire sempre lo stesso: come passa il tempo!!
Stavo tranquilla nella mia stanza e suonano incessantemente il campanello.
Speravo andasse Guadalupe, invece tocca me ad andare ad aprire.
Devo fare un sacco di cose per organizzare la festa delle famiglie, meglio dire delle mamme e dei loro bambini, che si terrà al comedor il 20 di giugno.
Solo tre settimane per preparare tutto.
I bambini sono eccitatissimi, si vede che teatro e musica li hanno coinvolti.
Dimostrano anche una partecipazione attiva al doposcuola e questo mi riempie di gioia.
La ciliegina sulla torta sarebbe che Mauro venisse a vedere ciò che ho “combinato” qui.
È una mancanza che non so se riusciremmo a colmare nella nostra relazione, insomma io ho bisogno che mi conosca e per conoscermi deve conoscere il La Era, Nana, Lima, e Loro, i miei piccoli.

Insomma, vado ad aprire.
“Devo farti un’intervista per la scuola”, mi dice Adolfo, quasi senza salutarmi.
Mi sorride, con il suo sguardo da furbetto, non è cambiato dall’anno scorso!
Lo faccio entrare, mi siedo con lui e rispondo alle mille domande che mi fa.
Gli regalo una nostra foto scattata l’anno scorso. La osserva, mi guarda quasi per rimproverarmi che non gli dedico più lo stesso tempo, poi con tutta la superiorità che un bimbo di 10 anni può dimostrare mi dice: “bene, ora i miei compagni finalmente ci crederanno che ho un’amica italiana!”.
Sorrido anche io, gli voglio proprio bene, peccato che la vita sia fredda a volte e non ti lasci troppe possibilità di mantenere relazioni.
Lo accompagno a Puerto e mentre camminiamo un mototaxi si ferma e saluta.
“Ma ti conoscono tutti?”, mi chiede con ammirazione.
Io scoppio a ridere, l’innocenza di questo bambino mi commuove. Vorrei dirgli che la maggior parte dei ragazzi più grandi mi conosce e non perché sia famosa o perché siano miei amici, ma perché vorrebbero conoscermi, farmi innamorare e scappare in Italia.
Dove vivo, oltre al cartello “centro Montfort”, dovrebbero mettere “passaporto valido per l’Italia”, visto che così sono vista per i giovani di Nana…

Non è facile

Chi pensa che sia facile alzi la mano.
L’anno scorso ho passato tre mesi, che sono volati più veloce del previsto, più di quanto avessi voluto.
Quest’anno i mesi li ho raddoppiati, proprio perché proprio perché l’esperienza trimestrale non mi aveva soddisfatto, temporalmente parlando.
Così sono partita per sei mesi, e proprio pochi giorni fa ho compiuto 3 mesi di Perù nell’anno 2008. Certo se fossi dovuta partire ora mi sarebbe sembrato troppo presto, ma pensare di stare ancora tre mesi qui mi sembra un’infinità.
Il progetto segue bene, i bambini si sono affezionati alla routine del doposcuola e li vedo entusiasti di teatro e musica, ma quello che mi non mi lascia libera di essere completamente serena è il non avere più Lui. Mi manca da morire e soprattutto mi manca il poter essere sicura del suo amore.

In questa settimana, trascorsa troppo velocemente, i bambini mi hanno riempito di soddisfazione.
Mi trovavo a mettere a posto la biblioteca dopo la lezione di manualità e mi sono accorta di un notevole andirivieni al piano di sotto.
Erano loro, i miei bimbi che, responsabilmente, si erano riuniti per “provare” lo spettacolino di teatro.
Da soli, con il testo, le chitarre e le zampogne.
Erano stupendi, il mio cuore si è totalmente commosso.

Certo è tutto difficile, e chissà se durerà quando io non ci sarò, ma il mio piccolo sogno, dell’anno scorso, quel sogno che scrivevo molti mesi fa appena arrivata qui, di poter fare qualcosa per loro, si sta realizzando, si sta concretizzando, e di questo devo essere felice, senza “ma” senza “però”.