sabato 8 marzo 2008

A casa di Andres


Passo dalla casa di Andres, dove trovo la madre in condizioni migliori di quando l’avevo lasciata.
Mi fermo qualche minuto a parlare con lei e le lascio un po’ di soldi per comprare le medicine, troppo costose per lei, ma necessarie.
Purtroppo soffre di una rara malattia che qui non sono riusciti a classificare.
La povera mamma sta perdendo i denti, soffre di convulsioni, a volte si paralizza completamente; solo grazie a queste medicine sta effettivamente migliorando, anche se sa bene che non potrà guarire.
Non è ancora riuscita a comprare i quaderni e il materiale necessario per Andres.
“Andres, ti va di fare un giro con me fino a Puerto?”, gli chiedo, senza prima rivolgere la domanda alla madre.
Mentre Andres si cambia, la madre mi comunica tutta la sua riconoscenza e la felicità che prova nel vedermi ancora qui.

Ecco che si presenta Andres, con le scarpette pulite e la maglia appena lavata, gli sorrido e ci incamminiamo verso Nana.
Lungo la strada la gente mi saluta chiamandomi per nome e io ringrazio tutti nel mio cuore per farmi sentire a casa e felice continuo a camminare.
Un amico ci da un passaggio fino a casa, qui gli do un po’ di materiale per la scuola e una Inka Cola.
Poi usciamo e andiamo a Puerto.
Dopo un giretto e qualche dolce comprato lo accompagno al combi e lo saluto.

Lo guardo mentre si allontana e prego perché la sua vita possa essere migliore di quella che il suo destino ha preservato per lui.

Mi siedo per terra, stanca morta, davanti al negozio di Trebol.
Parlo con sua sorella che mi racconta della vita difficile che hanno passato e della rinascita solo dopo una dura lotta contro la miseria.
Arrivano Arturo, Jhon e Gerardo.
Restiamo seduti per una buon mezzora chiacchierando e bevendo birra, fino a che il sole sparisce e il buio si impossessa delle case, della strada e dei nostri discorsi.

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