mercoledì 31 ottobre 2007

Rinascere

Apro gli occhi.
Una splendida giornata di sole e brezza si presenta a me non appena apro le tende verde militare che oscurano il mio sonno.
Respiro e mi sento inquieta, così entro in chiesa per salutare colui che mi ama ed emerge da dentro il motivo della mia perduta pace.

Scorrono veloci, ma nitidi i ricordi dell’amicizia più intensa che io abbia mai avuto, quella stessa alla quale posi fine più di due anni fa.
La voglia di riiniziare, dopo il silenzioso perdono avvenuto ormai da tempo dentro di me, è stata frenata in questi mesi dal timore di un rigetto, di un ulteriore addio.
Penso.
Capisco che si tratta solo di una questione di orgoglio, aggiungo forza a quella già conquistata nel tempo e decido che il perdonare è amore, la paura del rifiuto è codardia.
Ammetto di aver inoltre il dubbio che un rapporto come quello che per anni ci ha contraddistinte, non potrebbe essere ripristinato.
Ammetto che proprio per questo la mia coscienza egoista mi ha sempre suggerito di lasciar perdere, perché avrei solo sofferto, abituata ad avere la sua amicizia giorno e notte.

Almeno, riparata dal muro dell’odio, non mi poteva scalfire la sua indifferenza, poiché nemmeno io la cercavo.
Ma a lungo andare l’odio e l’indifferenza producono più dolore che l’amore rifiutato.

Per questo oggi le scrivo, dopo due anni.
Dopo che per due lunghissimi anni i nostri telefoni non hanno mai figurato una chiamata l’una verso l’altra.
Le scrivo ed attendo.
Attendo e ricevo risposta.

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