mercoledì 10 ottobre 2007

A Moron Chico

Arrivo a Moron Chico, lo vedo, mi stava aspettando.
Con gli occhi illuminati corre verso la macchina del padre, impugna la maniglia della portiera dalla mia parte e mi fissa dicendo “Gaia, has venido!”.
Certo tesoro, come potevo no venire, avrei voluto dirgli.
“Non potevo essere cosi maleducata da non rispettare uno degli appuntamenti settimanali, con tutti voi!”
Avrei voluto dirgli anche questo, ma limitai la conversazione a un sorriso e ad un “Si, claro!”.

Scendo dalla portiera e una massa di ragazzini mi corrono in contro, sono il mio primo amore peruviano.
Tutti hanno un primo amore qui, ecco: loro sono il mio.
In particolare Adolfo, quel bimbo ha qualcosa di speciale dentro la testolina.
E’ lui per me una cosa peciale, vorrei poterlo portare in Italia, farlo studiare come si deve e sono sicura, diventerebbe qualcuno.
Si legge nei suoi occhi la vita, nonché il dolore. Il dolore di avere un padre che non c’è e che quando viene non gli lascia fare nulla, il dolore di vivere quindi con 4 donne e crescere prima del dovuto per essere il perfetto ometto di casa, il dolore di avere poco, molto poco.
Ma in lui c’è di più la vita. Si, la vita.
“Senorita Gaia, usted me has dicho que padre Luciano te ablare de mi, entonces tu veniste a Nana pos eso. Es verdad?”, mi chiede con occhi teneramente indagatori.
“Claro Adolfo, ma ha ablato de un chico de nombre Adolfo, me ablò de ti!”, gli sussurro nell’orecchio per evitare che tutti gli altri sentano e svelino la piccola bugia che lo ha fatto sorridere a lungo.
Mi guarda, mi sorride, io gli sorrido e entro in chiesa con lui che non mi lascia la mano.
Ho passato la messa a guardare tutti loro sull’altare, sorridevo e quando loro ricambiavano mi riempivo il cuore ed era una bella preghiera.

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