venerdì 4 aprile 2008

Se tornerai...



Ieri stavo parlando con Mauro su Skype quando ricevo una telefonata.
Una vocina insicura mi parla dall’altra parte del telefono e io non riesco a capire chi sia.
“Segnorita Gaia?”, sussurra.
“Si, sono io!”, rispondo incerta.
“Buon giorno, scusami se ti disturbo, è che qui è tutto diverso, voglio tornare li!”
“Watzon!”, grido io meravigliata.
“Si, sono io. Mia madre mi ha mandato qui a lavorare, ma io non ce la faccio più. Puoi aiutarmi a studiare se torno?”, mi supplica.
Come al solito il mio cuoricino si fa più grande e assicuro al mio ragazzino che farò di tutto.
La comunicazione cade e io non ho il suo numero per richiamarlo.
Sono contenta che mi abbia chiamata, ero arrivata qui e avevo scoperto che era stato spedito alla selva come pacco postale dalla madre stufa del suo disimpegno, ora, a distanza di un mese, ho la possibilità, attraverso il progetto, di fargli riprendere gli studi.
Così mi precipito al collegio dei frati di San Grabriel, il più vicino a casa sua.
La porta è aperta, una marea di bambini giocano in cortile: è l’ora della ricreazione.
Una signora si avvicina e mi saluta cordialmente, non so chi sia.
Mi chiama per nome, allora le chiedo di chi sia madre, supponendo che mi conosca per il comedor.
Tutto fila liscio, è la madre di Medali, detta Techi, e di Niels, uno dei ragazzi che da lezioni di chitarra ai miei piccoli.
Lavora al collegio come cuoca, mi infilo anche io in cucina ed osservo le dinamiche per la preparazione di 1000 merende.
Tutto è cucinato, non vengono distribuite merendine già confezionate, ma budini fatti in casa e pezzi di anguria.
Penso ai baracchini in Italia dove l’anguria di costa un occhio della testa, ma quella fetta è perfetta, rossa, bianca e verde ed i tre colori si avvicendano con un rapporto prestabilito dalla nostra cultura.
Qui il verde ed il bianco sembrano avere la meglio sulla poca polpa rossa, nei piccoli segmenti del frutto, preparati per i bambini.

Esco dalla cucina e noto molti occhi che mi guardano diffidenti e meravigliati.
Che ci fa una gringa al collegio? Si domanderanno di certo. Il loro interesse si tinge di curiosità ancora più intensa quando mi avvicino ad alcuni “fortunati”, salutandoli con un bacio o una carezza.
Quello che qui non può mancare è la dimensione affettiva del linguaggio non verbale. On posso pensare di salutare uno con un bacio e l’altro solo con un “ciao”. Il conflitto interiore che si creerebbe nella mente e nel cuore di quest’ultimo sarebbe tremendo.
Così, ogni volta che arrivo al comedor, accarezzo la testa di tutti, do un pizzicotto leggero sulla pancia dei maschietti, chiudo gli occhi con le mie mani alle più timide del gruppo, bacio chi si fionda ad abbracciarmi.
La minaccia dei pidocchi è sempre presente, ma non do più peso alla paura, mi guida il cuore, ed il cuore ha solo paura dell’indifferenza, della sofferenza, della chiusura. Il cuore non ha paura di amare e l’amore scaccia ogni altra insidia.

Nessun commento: