domenica 6 aprile 2008

5 aprile: Vallecito in piscina.


Alle otto, ora dell’appuntamento i bambini sono solo 3, mi demoralizzo e penso alla brutta figura che ci avrei fatto con Mario e con il gestore della piscina.
La madre di Patty mi dice che non hanno i soldi, le dico di non preoccuparsi che glieli avrei dati io, la madre di Andres non vuole mandarmi il bambino perché ha paura che anneghi, ma Mario mi ha detto che nessuno avrebbe fatto il bagno, perché non voleva assumersi la responsabilità.
Rassicuro altre madri che mi mandano i bambini senza costume.
Intanto sono le otto e mezza e i miei bimbi sono 21!
Decido di scendere verso la piscina, seguiamo al contrario la rotta che il combi giallo fa, sperando di incontrarne uno che trasporti Mario.
Finalmente, quasi a metà strada, sento il fischietto di quell’uomo ritardatario, tiro un sospiro di sollievo e mi volto.
Con la faccia tranquilla scende verso di noi.
“Mario!”, esclamo io, “non potevi avvisarmi?! Ero preoccupata, guarda quanti sono!”.
Ride: “ma secondo te ti abbandono?”.
“Non lo so, fatto sta che dovevi essere qui un’ora e mezza fa e arrivi adesso!”, gli rispondo semi-scocciata.
Cerco di ridurre al minimo i miei nervi e la cosa funziona finché lui urla: “pronti per tuffarsi in piscina?”.
Io svengo!
Guardo Patty, Niels, Andres, Erikson: i bimbi che non avevano portato il costume, obbedendo al primo avviso dato al comedor, ovvero che non avremmo fatto il bagno, ma solo giocato tutti insieme nel campo!
“Mario! Ma tu avevi detto che non avrebbero fatto il bagno e in questo modo punisci quelli che hanno rispettato le regole e premi chi, disobbedendo, si è infilato lo stesso il costume!”, gli faccio notare.


Arriviamo al club 7 de Agosto, mi affido alle parole di Mario “ho preparato diversi giochi da fare!”.
Ci sediamo e gli fa fare due giochini, “il treno di parole” e uno con le tabelline. Sono sconvolta: bisognava andare in piscina per fargli fare questi giochi?
Si stanno annoiando, così li porto nel campo.
Un gruppo gioca a calcio, l’altro a pallavolo con me.
Un po’ alla volta noto che i bambini vanno, senza chiedere il permesso, a comprarsi il gelato, le patatine e bibite di ogni genere.
Rimango scioccata dal loro comportamento e li sgrido, dicendo che avremmo mangiato tutti insieme dopo!


Arriva P. Luis e racconta loro una storia, distribuisce panini e succhi di frutta e io mi porto a nuotare quei bambini disobbedienti, ormai incitati a buttarsi in piscina, dal professor Mario.

Geyson, il fratello di Jeferson non mi lascia un secondo.
Si arrampica sulle mie spalle ustionate e mi usa come trampolino. Lo seguono altri, soprattutto Jeferson che si avvinghia a me abbracciandomi in continuazione, come se fossi solo sua.
La cosa che più mi sconvolge è il fatto che, fino a due settimane fa, suo fratello non mi rivolgeva quasi la parola, non si era mai avvicinato, mai un sorriso!


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