mercoledì 7 novembre 2007

Povertà di spirito...


Cammino per la strada de La Era ed incontro facce note, che mi salutano.
Io ricambio con il sorriso e porto il mio sguardo verso la terra, verso quella sabbietta fine che invade le strade, quella stessa sabbia che abita le case e si traduce in polvere perenne che ricopre ogni cosa, ogni oggetto.
Guardo le case, anche loro color sabbia, le osservo con incredula resa.
Sono sporche, paiono abbandonate, mi chiedo se ci siano fantasmi o persone reali li dentro, poi vedo dalle finestre con i vetri rotti che la gente c’è e si muove e vive dentro quei mattoni accatastati alla buona.
I bagni sono un lusso.
Con bagni intendo uno stanzino nel cortile, fuori dalla casa, con una tazza, senza la doccia, senza lavandino.

La polvere viene risvegliata ogni minuto dai numerosi autobus (il nostro fiorino) che arrancano sulle pendici sassose dei piccoli pueblitos.
Urlano “puerto!” e la gente fa segno con la mano perché si fermino.
“Sube, sube!” sbraita l’apriporta.
La gente sale.
E sale dove vuole: non esistono le fermate.
La gente decide dove salire e dove scendere.
Si possono anche fermare 10 volte nel giro di pochi metri.
La gente comanda, l’autista obbedisce.
Ci si ammassa tutti in un piccolo spazio, odori e corpi ti assalgono come se fossi parte del mezzo di trasporto. Ti schiacciano contro il finestrino per sedersi anche se di posto non ce n’è più.
In Italia ognuno ha il suo sedile, qui ci sono panche lunghe e anche i sedili vengono sfruttati al massimo, la gente li sfrutta, la gente ti schiaccia, perché l gente qui è aggressiva e comanda.

Respiro piano piano la mentalità del popolo peruviano.
Mi accorgo della veridicità delle parole dell’inizio “noi non amiamo i poveri perché sono santi. Li amiamo perché sono poveri”.
E la povertà non ti unisce, ti disarma, ti riduce ad essere cattivo, aggressivo, sleale.
Tutto per poter mangiare.

Il povero, se aiutato, molte volte non ringrazia, molte volte chiede di più e si arrabbia molto se non ottiene ciò che chiede.
I poveri non si accontentano spesso.
I poveri si univano prima, collaboravano. Ora si sbattono le porte in faccia, perché stanno meglio di prima, ma sono nella miseria comunque.
Ci sono poveri, quelli poveri in spirito, che lottano ancora, che ti amano perché gli dai una busta di riso, che ti ringraziano mille volte solo perché sei andato nelle loro case per salutarli.
I poveri di spirito sono anche i bambini, ma c’è il pericolo che crescano senza mantenersi tali.

L’educazione qui è realmente un tasto dolente.

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