domenica 4 novembre 2007

Halloweeeeeeeeen

Il mercoledì di Halloween, riuscii ad ottenere il permesso per andare alla discoteca.
Non mi sembrò vero, ma lo feci sul serio.
Ovviamente alle dipendenze di qualcuno, e questa volta, la cosa umiliante era che quel qualcuno aveva sette anni meno di me!
Stefany è la nipote di Charo, l’amica di Luciano alla quale ho portato l’insulina.
E’ una ragazza grassottella, piena di vita, come tutti a quell’età; alla mia già si avvertono i primi segni di invecchiamento: pigrizia, problemi inutili, depressione.
Mi presentò i suoi conque amici e le sue tre amiche davanti alla discoteca ed io feci bene i conti, cinque e cinque, li rifeci meglio.
Capii!
Capii che avrei ballato tutta la sera con uno di quei ragazzini diciottenni senza poter scegliere, accettando chiunque di loro mi avrebbe porto la mano.
Allora pensai, mi sono fregata per la seconda volta con le mie mani.

Entrammo e ognuno di noi si trovò davanti una caraffa da un litro di birra.
Pagai diciassette soles sia l’entrata che la consumazione. Il che vuole dire che pagai 4 euro per bere e ballare.
Nascosi il mio pacchetto di sigarette perché compresi bene come sarebbe finita, visto che nessuno di loro aveva sigarette, ma tutti loro volevano fumare.
Passarono la serata a chiedersi da dove cavolo le scroccassi.
Mi prese la mano uno di loro e credetti di morire: grasso, pizzetto, brufoli adolescenziali.
Per fortuna era veramente simpatico e parlammo qualche minuto mentre cercavo di capire che tipo di musica stava sentendo lui in quel momento, visto che i suoi piedi ballavano con un ritmo diverso da quello che tutta la discoteca aveva adottato.
Dopo un po’, ringraziai e mi allontanai dalla pista in direzione tavolo della salvezza.
Non feci in tempo ad arrivare la che un ragazzino, molto carino, ma altrettanto giovane, mi chiese di ballare.
“Scusa, no comprendo!”.
Risposi, poiché non avevo alcuna intenzione di cascare tra le braccia di un altro, visto che mi ero appena liberata.
“Ok, do you speak english?”, l’ottima pronuncia mi lasciò di stucco.
“Yes, I do?”.
“Do you wanna dance with me?”, ero stata sedotta dal suo inglese, ebbene si!
“Yes, vamos a bailar!”, dissi io, lui rise e mi portò da dove ero fuggita dieci secondi prima.
Le luci frastornanti mi impedivano di concentrarmi sul suo volto, mi dedicai al pavimento e alla folla circostante.
Ballai con gli occhi chiusi, mi trascinava la musica e il suo sapiente ballo.
“Esta es salsa!”, urlò.
“No, puedo. No se bailar salsa!”.
No mi lasciò andare, ma con pazienza mi insegnò le poche e semplici cose da sapere, ballammo salsa.
Il resto della serata lo passai un po’ con lui ed un po’ con lui ed il suo amico.
Non vidi Stefany per gran parte della notte.
Mi venne a chiamare alle cinque, quando dovevamo andare.
Le chiesi dove avrei potuto trovarla dopo, poiché avevo intenzione di fermarmi con Marco ancora un po’.
“No se puede Gaia. Usted viene con nostro!”.
Cedetti per la stanchezza, ma lo stomaco si strinse più che mai.

Avrei avuto voglia di scappare e mandare tutti a quel paese, ma non lo feci.
Mite come un agnellino mi addormentai nel taxi che ci lasciò a casa della sua amica, da li un altro ci portò, poco dopo, a casa sua.
Dormii su un materassino gonfiabile sgonfio. Cercai di dormire. Ci riuscii. Erano anche le sei e venti!

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