sabato 17 novembre 2007

Che faresti?


La bimba entra in camera sua, un altro cumulo di mattoni dove c’è un letto e qualche armadietto, non manca il solito odore di urina e sporco.
Si spoglia e chiede di mettersi mutande e calze pulite.
“Prima ti lavi, poi ti vesti con roba pulita!”.
Mi dice, indicando con lo sguardo, di non potersi lavare “li”, perché il papà non vuole.
“Cosa?”, le tempie mi pulsano.
“Mio papà, mi picchia se mi lavo li!”.
Aiuto, non capisco più nulla.
Sussurro alla bambina se il papà ci fosse in quel momento, sapevo bene che non era presente, quindi il problema doveva derivare dall’altro uomo di casa.
“No, non c’è!”, risponde con voce e sguardo insieme.
“Allora cosa c’è che non va? Io non glielo dico!”.
“Mi tio! No puedo!”, indica la stanza dove lo zio guardava la tv.
Mi si gela il sangue nelle vene.
Una bimba di sei anni, che si spoglia tranquillamente davanti a me, perfetta sconosciuta, non dovrebbe avere problemi con un familiare che vive li.
I miei pensieri sono altri, ma sento il ragazzo che si avvicina, sta ascoltando probabilmente da un po’.
Le dico che le avrei lavato almeno i piedini.
“Puzzano no?”, mi dice ridendo, gardandoli come se non le appartenessero, come se non fosse affar suo, ma dei piedi stessi.

Prendo una bacinella, dell’acqua semi pulita, ma d’altronde l’unica che c’era, e le lavo i piedi, le insegno come deve fare.
La abbandono due secondi per andare a prendere l’asciugamano e la trovo che si lava la faccia con la stessa acqua sporca del catino.
“Noooo!”, urlo, ma con dolcezza.
Noto con orrore che se l’era anche bevuta.

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