mercoledì 12 dicembre 2007

Alle sei e mezza, stavo scendendo verso casa e mi ritrovo a guardare il bigliettaio del Giallo.
Un bambino.
Mi sono fatta coraggio e mi sono presentata, così ho iniziato a fargli delle domande.

“Como te llamas?”, ho chiesto.
“Yordan”
“Cuantos anos tienes?”
“Dodici!”, mi risponde timidamente, allo stesso tempo fiero di fare quello che stava facendo.
“E perché lavori a dodici anni?”, dico dolcemente.
“E’ finita la scuola e un signore mi ha chiesto se volevo lavorare”.
“Quanto guadagni al giorno?”
“Quindici soles, per lavorare dalle sei della mattina fino a mezzanotte”.
Quasi svengo, ma non lo do a vedere. Quindici soles corrispondono a 3.50 euro.

Solitamente il lavoro dei bigliettai è lasciato a giovani o a uomini con un vocione potente, devono gridare “baja” e “sube”, ogni volta che la gente sale e scende, per avvisare il conducente di fermarsi quando c’è gente che sale ed impedirgli che riprenda la marcia mentre qualcuno scende.
Solitamente la loro voce si sente, è quasi fastidiosa.
La voce di Jordan era simile ad uno squittire di topolino, le parole uscivano titubanti, insicure.

Lo saluto, scendo, penso: in Italia non sarebbe mai successo.
“Ancora con questa Italia!”

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