domenica 18 maggio 2008

Contemplare il Bello

Io ne sono capace, oppure preferisco soffermare i miei pensieri sui problemi che ho? Mi rendo conto che è più probabile che io abbia passato il tempo concesso a piangermi addosso.
Gesù, al contrario, guarda con gli occhi del cuore, è allegro senza motivi particolari. Io ne sono capace?
Credo di si.
Il Signore nasce povero, viene ingiustamente condannato, ma è sereno.
Ecco, io ne sarei capace? No!

Il problema principale non è nell’essere allegra anche senza grossi motivi, quanto esserlo quando avresti motivi per essere triste.
Ecco, questo non ne sono capace, mi lascio prendere dall’ansia, dalla patina grigia che caratterizza una vita svolta in nome della tristezza.
Ma il Signore mi dice di contemplare il bello. E questa contemplazione necessita un continuo esercizio, un continuo coinvolgimento della sensibilità.

Come sarebbe tutto più facile se anche io sapessi controllare le mie paure e le mie angosce, se fossi in grado di saper riconoscere il bello della vita anche quando tutto sembra volermi dire che la mia è un emerito disastro.
Trovare la serenità, quella che non si intacca nemmeno per un dolore immenso, quella che vedo negli occhi di mio padre, e che sempre ricorderò quando il nonno è morto e lui aveva quegli occhi.
Io piangevo, lui no, ma chi amava di più quell’uomo che ci aveva lasciato?
Io piangevo per ciò che avevo perso senza neanche conoscere, perché la morte mi spaventava. Papa pregava sereno, senza arrabbiarsi o chiedere il perché, ringraziando del tempo datogli da passare con suo padre.



È un allenamento da fare per tutta una vita, imparare a contemplare il Bello, ringraziare per il quotidiano, avere il coraggio di rompere gli schemi e stupire le persone con un amore creativo, un amore libero, quell’amore che da le chiavi di una vita e butta via il lucchetto.

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