martedì 1 luglio 2008

Valentin, Isabel e Danis e i miei bimbi

È tempo di andare.
Camminiamo fino a Puerto e prendiamo il combi giallo, tutto come al solito, seguendo attentamente il copione quotidiano.
Questa volta però al posto di parlare con peruviani, arranco con il mio francese vergognoso finché Isabel mi ricorda: “io capisco bene l italiano!”.
Afferro il concetto e continuo le presentazioni dei vari posti, in italiano.

Arriviamo al comedor ed iniziano a scattare le foto appena scendono dal camioncino.
I bambini, alla vista di un loro coetaneo, biondissimo, bianchissimo e con gli occhi azzurrissimi, impazziscono e ne combinano una più del diavolo per attirare l’attenzione.
Le bimbe timidamente lo accerchiano chiedendo di fare qualche foto con loro, il povero Valentin, imbarazzato e ingenuo, annuisce, cercando con gli occhi di ritracciare sua madre, per l’approvazione.
Jordan urla dal balcone se può entrare e mi domando perché lo abbia chiesto, visto che è praticamente casa loro.
I bambini fanno vedere il loro gioco, che si tratta di lanciare un gettone di plastica su altri posti per terra, facendone capovolgere la faccia. Valentin rimane contento della dimostrazione e sembra volersi fermare un po’ di più del previsto.
Lo lasciamo li e andiamo a casa di Techi, l’unica che ancora non ha pagato e che non viene più perché dice che sua madre non vuole. Voglio parlare con la madre e cercare di risolvere la situazione visto che alla bimba piace tantissimo partecipare.
Arrivo a casa sua e lascio un attimo in disparte i due francesi che vengono letteralmente assaliti da Juana, Francis, Evelin e David.
Parlo con la signora e aggiustiamo la questione, Techi continuerà a venire e darà la sua quota piano piano.

Le voci di bambini per la strada che urlano il mio nome e mi corrono incontro, mi catapultano in una situazione emotiva piacevolissima, e non posso fare a meno di pensare che mancano solo due cortissimi mesi.
Isabel e Danis rimangono stupiti nel vedere tutto questo affetto e ricordano la frase di un padre peruviano in Francia: qui siamo tra molta gente, ma siamo soli, in Perù no.
È proprio vero.

Torniamo al comedor e giochiamo a nascondino tutti insieme, poi facciamo vedere il balletto di Grease che abbiamo imparato. Non manca il saggio di musica con le zampogne e qualche scena da cabaret inventata al momento dai bimbi.
Poi cala la sera e dobbiamo andarcene, i bambini chiedono quando tornerà Valentin e rimangono molto male nel sapere che probabilmente non lo vedranno più perché parte per il centro del Perù.

Si salutano con baci e abbracci, ma solo ai due genitori, perché con il piccolo biondino, soprattutto le bambine, si vergognano terribilmente.
Noi “adulti” li guardiamo ridendo con la bocca e con il cuore.
Qui staccare il cervello dal cuore è cosa da esperti, io non ci riesco.

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