Sto vivendo appieno le giornate peruviane, le ultime giornate peruviane da single e tra poco le ultime giornate peruviane in generale.
Tutto ha una inizio e una fine, anche quest’esperienza che sembrava essere lunghissima, già volge al tramonto.
Mentre guardo i bambini che giocano, mentre salgo sulla collina con una decina di bambini e sento, da ogni angolo del Vallecito, voci che gridano il mio nome, mentre vedo Evelyn che mi si getta tra le braccia ogni volta che mi vede, mi metto a pensare “non voglio tornare”.
Questa è vita, questa è libertà, questo è quello che voglio io.
Chissà come riuscirò a dimenticare tutto questo, chissà se lo dimenticherò, chissà se starò bene senza i miei bambini dalle unghie nere e dai capelli pieni di nodi, chissà se mi abituerò a mangiare senza Abilio e Luciano, senza gli scherzi di Luis, senza dire il Rosario alle sei e un quarto, senza ridere delle malattie immaginarie di Abilio, della canzone “negro” di Luciano, dei panini alla marmellata di Luis.
Tutto questo però sapevo che sarebbe finito, che avrei iniziato a pensare con tristezza il giorno della mia partenza, che avrei cercato ogni scusa possibile per prolungare la mia permanenza qui.
Cosa mi trattiene?
Ancora non lo so di preciso, ma di sicuro sento un vuoto enorme a pensare di tornare. Perché Milano c’è sempre, alla fine vivrò e morirò li, ma il mio Perù finirà con agosto e allora non so quando tornerò a viverlo.